lunedì 8 settembre 2014

Recensione della terza replica al Forte Austriaco di Peschiera del Garda - VR

Recensione a cura di Anna Minguzzi della terza replica nel cortile del Forte Austriaco di Peschiera del Garda - VR


Chi la dura la vince. I veronesi Dark Ages hanno raccontato che, a volte, sono stati scartati da certi festival metal nazionali per il fatto, pare, di non essere strettamente inquadrati in un solo genere; adesso, con la trasposizione in teatro del loro concept “Teumman”, pubblicato in due parti fra il 2011 e il 2013, hanno dimostrato di saper vincere una delle sfide più interessanti per un artista. La band infatti si è associata con una compagnia teatrale e ha realizzato in tempi molto brevi una drammatizzazione della storia del principe Teumman, unendo musica suonata dal vivo, recitazione e danza. Sul palco quindi i Dark Ages, in disparte e praticamente parte della scenografia, suonano dal vivo tutti i due album, mentre attorno a loro gli attori cantano i vari brani interpretando i ruoli assegnati. La drammatizzazione poi si completa con una serie di dialoghi in italiano, recitati soprattutto durante le parti strumentali previste dall’album, in cui i personaggi dialogano fra loro per formare un ponte fra una scena e l’altra, oppure si abbandonano a monologhi interiori da cui traspaiono i singoli sentimenti. Questo passaggio è necessario, nonostante non manchi, come in ogni spettacolo che si rispetti, un dettagliato libretto in cui c’è addirittura la traduzione in italiano di tutti i testi, perché “Teumman” è una storia ricca di introspezione, e senza le riflessioni tra un brano e l’altro sarebbe molto più difficile seguire il filo della storia. Scenografie e costumi semplici caratterizzano molto bene i personaggi; fa eccezione il personaggio principale, Teumman, interpretato naturalmente da Davide Cagnata, cantante dei Dark Ages, che nonostante sia vestito semplicemente di nero, senza nessun’altra caratterizzazione, spicca maggiormente rispetto alle stoffe traslucide della maggior parte degli altri costumi. Belle le voci, buona in generale l’interpretazione, eccellente la resa dal vivo della band, che suona in modo più leggero e soffuso rispetto al solito proprio per consentire alla musica di amalgamarsi meglio con il teatro. Una scelta coraggiosa e all’avanguardia, almeno qui in Italia, dove la trasposizione in teatro di un concept album in chiave metal è ancora un qualcosa che raramente ha trovato una realizzazione pratica; in questo senso, senza nulla togliere, ovviamente, all’ottimo lavoro portato a termine dalla compagnia teatrale e dai singoli attori, i Dark Ages hanno dimostrato, ancora una volta, di essere un passo avanti a molti.

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